In chiave di baritono by Antonio Ghislanzoni

In chiave di baritono by Antonio Ghislanzoni

autore:Antonio Ghislanzoni [Ghislanzoni, Antonio]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 1882-01-01T00:00:00+00:00


Non avean membro che tenesser fermo.

- Voi avete là una bella moglie! mi sburravano all'orecchio i commensali più vicini, empiendomi in pari tempo il bicchiere.

- Donna adorabile!

- Donna fascinatrice!

- Che occhi!

- Che labbra!

- Che profilo!

E nell'alternarsi di questi punti ammirativi, i miei ospiti si davan premura di riempirmi il bicchiere. Coloro s'eran messa in capo l'idea d'ubbriacarmi. Vinto il marito, pensavano essi, sarà men difficile la presa della moglie. Ma io non era un marito, e i furbacchioni fallirono completamente. Da quanto mi accadde quel giorno, ho dovuto convincermi che l'avere una bella moglie non è poca fortuna in certe occasioni. Se l'Ascolana non era meco, avrebbero forse gli uffiziali francesi pensato ad offrirmi quell'eccellente colazione? Infatti, gli altri prigionieri erano rimasti di fuori, agglomerati come caproni sotto la vampa del sole cocente, a divorare cogli occhi i giamboni e gli altri commestibili che poco dianzi essi aveano recato alle bocche nemiche. Al mio povero postiglione era toccata l'ugual sorte. Io mi sovvenni di lui: lo ricordai all'Ascolana, e questa pregò gli uffiziali di inviargli qualche cibo. È inutile ch'io vi dica con quanta sollecitudine fu risposto al voto della bellissima donna. Tutti quanti balzarono in piedi, e recandosi in mano le scodelle, i piatti, i bicchieri, corsero ad offrire al postiglione una colazione lautissima. Quel povero ragazzo, vedendosi onorato in siffatta guisa, non capiva più in sè dalla gioia; prese i piatti, le scodelle, i fiaschetti; li adagiò sotto un albero, e mangiò come forse mai gli era accaduto nella vita.

Era già il mezzogiorno, quando da Monte Mario venne improvvisamente un ordine ai soldati di abbandonare quelle posizioni per ricongiungersi al grosso dell'esercito. Tutti i prigionieri furono schierati, distribuiti in drappelli e passati in rivista. Grazie alla buona opinione che s'ha di noi Italiani al di là delle Alpi, que' malcapitati carrettieri furono frugati e manomessi dal capo al piede. Il postiglione fu obbligato a levarsi anche gli stivali. I terribili perlustratori che con una indecenza poco francese avean eseguito l'uffizio crudele, non avendo trovata arma alcuna, si guardarono in viso meravigliati, esclamando colla miglior buona fede del mondo: “Costoro non sono Italiani!”

Grazie all'Ascolana, mi fu risparmiato quel barbaro affronto. Gli uffiziali ne offersero un posto sui carriaggi, e vi salirono con noi. L'Ascolana fu posta a sedere sopra un gran padiglione di verzura improvvisato alla meglio dagli zappatori, i quali a tal uopo avevano atterrati quattro o cinque alberetti, e li aveano disposti sul carro intrecciando ai rami qualche fiore dei campi.

Il capitano tuonò il comando della marcia, e tutti quanti partimmo alla volta di Monte Mario.

Il luogo dove fummo fatti prigionieri, secondo mi venne riferito dal postiglione e dagli altri compagni di sventura, denominavasi la Tomba di Nerone.



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